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venerdì, ottobre 31, 2014

Rifiuti tossici, il Molise è una polveriera
Ancora lo scorso gennaio erano state trovato altre conferme alle parole pronunciate nel 1997 dal solito Carmine Schiavone, pentito di camorra, sulle destinazioni dei rifiuti tossici trafficati e sversati clandestinamente: «Tutto il Matese fino alla zona di Benevento... Fino al 1992 noi arrivavamo come clan (dei casalesi, ndr) nel Molise fino a Isernia e zone vicine». Conferme saltate fuori durante gli scavi nel terreno di Strada di Cupra, zona del venafrano, con quei rifiuti scoperti a cinque metri di profondità. Insomma, sembra notte abbastanza fonda anche in questa piccola regione e sembra che anche qui nessuno se ne preoccupi troppo.
Molte cose effettivamente non tornavano. Molte preoccupazioni stavano prendendo corpo e troppi bambini si ammalavano di tumore. Così le "Mamme per la salute e l’ambiente" di Venafro, paese molisano a cavallo fra Lazio e Campania, si mossero già sei anni fa. Raccolsero una foglia di fico e la spedirono alla "Nanodiagnostic" di Modena perché fosse analizzata. Risultato: «L’inquinamento sulla foglia induce a prendere precauzioni per l’ingestione dei prodotti dell’orto o dell’agricoltura cresciuti nella zona in cui tale inquinamento esiste», zona che «dovrebbe essere determinata con un grado accettabile di precisione».
Racconta Bartolomeo Terzano, presidente molisano dei "Medici per l’ambiente" (Isde), come «nella nostra regione ci siano due localizzazioni ad alto rischio». Una di queste è proprio Venafro, dove «la situazione industriale è stata mal controllata e mal gestita», tant’è che adesso è stato quasi tutto chiuso, ma «passando la mano a due grossi "camini" (le ciminiere, cioè il sistema di evacuazione industriale dei fumi, ndr), uno di un cementificio che ha avuto l’autorizzazione a bruciare circa 40mila tonnellate annue di cdr ("combustibile derivato dai rifiuti", ricavabile dal trattamento di quelli urbani e non), l’altro che nasce come biomassa e si trasforma negli anni in inceneritore che brucia circa 144mila tonnellate l’anno di cdr, cioè assai più di quanto produca il Molise non facendo raccolta differenziata». Morale, quella venafrana è «la situazione più drammatica che abbiamo in Molise», sintetizza senza giri di parole Terzano.
E del resto in tutta la regione esistono pesantissime situazioni dal punto di vista ambientale: da Campomarino ai fusti di Venafro, dai pozzi di Cercemaggiore, allo scantinato di Castelmauro con migliaia di bidoni tossici, alla discarica Guglionesi II. Ma torniamo a quella foglia di fico. Vi trovano varie sostanze e in «particolare» particelle di ferro, «la cui forma sferica le identifica come provenienti sicuramente da una combustione» e la cui combinazione con titanio e manganese «può provenire solo da una fusione casuale e non controllata». Con la conseguenza che «potrebbe prendere corpo l’ipotesi di un mescolamento di ceneri da inceneritore nel cemento della vicina fabbrica».

Non a caso qualche mese addietro Vincenzo Musacchio, presidente della Commissione anticorruzione del Molise e fondatore del Comitato per la difesa della salute pubblica (nel suo "Molise Oscuro", pubblicazione sulla presenza di rifiuti tossici in alto, medio e basso Molise) chiede «un osservatorio regionale tecnico scientifico indipendente che metta in rete associazioni, consorzi, agricoltori, movimenti, comitati, cooperative sociali, economisti, ricercatori, medici, studenti per le decisioni che riguardino la loro sicurezza e salute». (Fonte: www.avvenire.it)


giovedì, ottobre 30, 2014

Terre Molisane, latte scaduto in vendita e rifiuti chimici nel fiume Volturno


Latte scaduto mischiato con quello in lavorazione e poi venduto. Animali sommersi dai loro liquami. Operai costretti sotto minaccia di licenziamento a sversare nel fiume Volturno gli escrementi dell’allevamento, producendo un inquinamento pari a quello di una città di 24mila persone. Sono alcuni dei passaggi dell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, che ha portato ai domiciliari l’imprenditore casertano Giuseppe Gravante, impegnato da oltre 40 anni nel settore zootecnico e proprietario di vari allevamenti e di un grande stabilimento nel comune casertano di Gioia Sannitica, dove fino al novembre scorso avveniva l’imbottigliamento di latte rivenduto con il marchio Foreste Molisane. Insieme a Gravante sono indagate altre 4 persone.
È stato un ex dipendente a dare il via all’inchiesta. L’uomo si è autodenunciato perché “pentito” di aver preso parte ai comportamenti illegali a cui Gravante obbligava i dipendenti. Dopo la prima denuncia sono arrivate le conferme anche di altri operai. Dai racconti è emerso che nel Volturno sarebbero finiti, attraverso un sistema di pompe idrauliche e canalizzazioni, non solo gli escrementi degli animali, ma anche i reflui delle sale di mungitura, nonché le acque di lavaggio delle stalle contaminate da detergenti acidi fortemente tossici. Sversamenti che erano fatti soprattutto di sera o nelle ore notturne, per eludere i controlli. Non solo: sarebbero stati interrati o bruciati tutti gli scarti dell’attività di imbottigliamento con il marchio Foreste Molisane (bottiglie in tetrapak o in pet ed etichette in carta e plastica) per un totale di circa 6,5 quintali di rifiuti al giorno.
Un sistema che avrebbe permesso a Gravante di risparmiare in 15 anni un milione di euro, soldi che avrebbe dovuto spendere per smaltire regolarmente i residui dell’attività. “L’indagato – scrive il Gip nell’ordinanza di arresto – in realtà non voleva proprio sentir parlare del problema dei rifiuti. Pretendeva che gli scarichi fossero eliminati”. Era talmente ben congegnato il metodo di scarico di escrementi e rifiuti nel fiume Volturno, che neppure i dronidell’Università o gli aerei della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto erano riusciti a individuarli. E ciò nonostante i continui voli sul territorio iniziati nel 2011 dopo le denunce del Wwf sullo stato di degrado del fiume.

“Da martedì mattina – ha spiegato il comandante del Corpo Forestale di Caserta Michele Capasso – i nostri mezzi stanno scavando nell’azienda di Gioia Sannitica alla ricerca dei rifiuti interrati”. Tra i rifiuti già trovati anche carcasse di bufale. Dalle indagini sono inoltre emerse anche le pessime condizioni in cui venivano tenuti gli animali. Secondo un ex addetto, si legge nell’ordinanza di arresto, “la situazione era insostenibile, gli animali erano sommersi di liquami, e intanto il Gravante riceveva un sussidio pubblico di 70 euro per il benessere di ciascun animale”. (Fonte: il Fatto Quotidiano)


mercoledì, ottobre 29, 2014

Sigarette e gomme:
multe a chi le getta a terra da luglio 2015

Forse si arriverà a vedere veramente strade e spiagge pulite, senza mozziconi di sigaretta e senza gomme da masticare gettate a terra. Sembra inverosimile, visto che siamo ormai abituati a ritenerle parte del “paesaggio” e visti i molti tentativi di varie comunità, spesso andati a vuoto, di risolvere il problema del degrado legato alla presenza in ogni angolo delle nostre città di questo tipo di rifiuti.
Ora si dovrebbe arrivare a una svolta con il disegno di legge sulla Green Economy, collegato alla Legge di Stabilità, che dovrebbe entrare in vigore a luglio 2015 e che contiene un articolo dedicato a uno specifico tipo di rifiuti: gomme e cicche. Prevede multe per chi li getterà a terra, che andranno da 30 a 150 euro.
Quasi un anno quindi, per dare alle amministrazioni il tempo di dotare i territori pubblici, di un numero sufficiente di cestini e posaceneri che renda applicabile la norma. Si ritorna al principio “chi inquina paga”, in questo caso nelle dimensioni del singolo individuo, che deve rendere conto di una forma di inquinamento spesso ritenuta, a torto, minore.
Se è vero infatti che ogni Comune incarica degli operatori per la pulizia delle strade, è anche vero che una pulizia capillare dai mozziconi e dalle gomme incollate a terra comporta costi elevatissimi, mentre i filtri delle sigarette che rimangono inquinano davvero, in quanto ciascuno contiene più di 4 mila sostanze chimiche ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cancerogena e impiega almeno 10 anni per la degradazione completa. Dati confermati da recenti studi dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia a lo Sviluppo economico sostenibile).
Sarà un sospiro di sollievo per quei Comuni che avevano già fatto vari tentativi per risolvere questo problema, come Trento e Firenze, che avevano già iniziato ad applicare multe sul territorio comunale, o come Modena, che ha dato il via qualche tempo fa alla campagna “Se ami la tua città usa il portacenere”, distribuendo piccoli contenitori “da passeggio” per raccogliere le cicche anche quando si è per strada.
Anche Verona aveva deciso di affrontare la questione in modo originale dotando la città di una serie di posacenere di design, forniti da un’azienda privata, che oltre a svolgere la loro funzione fossero decorativi e che hanno fatto pubblicità alla casa produttrice.
A gioire però saranno soprattutto i cittadini, tra i quali i non fumatori che sentono da anni il peso di un problema che crea degrado. Adesso potranno finalmente godere di città, davvero pulite. Molti di questi cittadini si erano già mossi nell’organizzare campagne come “Basta mozziconi a terra”, nel tentativo di sensibilizzare al problema, con un approccio tecnico-pratico.
Qualche bel risultato e riconoscimento l’avevano già portato a casa. (Fonte Greenstyle)




martedì, ottobre 28, 2014

RISPARMIO

CINQUE MODI (FACILI) PER RISPARMIARE SUL RISCALDAMENTO

Con l'arrivo della stagione fredda si accendono nelle nostre case caloriferi e caldaie. Ecco come risparmiare sul riscaldamento.
Dal 15 ottobre scorso in tutti gli edifici pubblici e privati è consentito riaccendere i caloriferi per il riscaldamento domestico e pubblico. Nei mesi invernali è quindi fondamentale ottimizzare i consumi di energia elettrica e di gas, non solo per la riduzione del costo delle bollette, ma anche per ridurre inquinamento ed emissioni.
In Molise, due case su tre sono in classe energetica G – la peggiore – e quindi consuma molto più del normale. Molto di più di un suv e da uno a tre volte di più rispetto una casa a Berlino, Vienna o Parigi. Insomma gli italiani sprecano l’energia, e tanta.
Ecco allora qualche piccolo consiglio per risparmiare.
1 Termosifoni liberi. Non coprire i termosifoni con tende, mobili e quant’altro. Installare dei pannelli riflettenti sul retro dei caloriferi, così da irradiare il calore verso l’interno della casa. Mai aprire le finestre se l’impianto è in funzione: il calore se ne va all’esterno e la caldaia continuerebbe a bruciare preziose risorse.
2 Occhio alla temperatura. La temperatura massima per abitazioni, uffici, scuole e negozi stabilita per legge è di 20°, con due di tolleranza. Per ogni grado in più, la spesa in bolletta cresce del 6-7%. Per essere ancora meno energivori ed evitare spiacevoli sbalzi di temperatura, vanno benissimo anche 18° o 19°.
3 La giusta manutenzione. Facciamo uscire l’aria dai caloriferi se questi presentano all’accensione degli insoliti rumori causati da bolle d’aria. Da non dimenticare la manutenzione e pulizia della caldaia: si avrà piena efficienza e riduzione dei consumi.
4 La giusta temperatura. Installando delle valvole termostatiche su ogni calorifero, saremo in grado di regolare il consumo di acqua calda. La valvola infatti gestisce l’entrata e la quantità di acqua calda in base alla temperatura scelta. Il risparmio si aggira intorno al 10-15% in bolletta.

5 Caldaie a condensazione e pompe di calore. Le nuove tecnologie permettono oggi di risparmiare rispetto a scaldabagni elettrici e caldaie a gas. Con una caldaia a condensazione si può raggiungere il 35%, mentre con l’installazione delle migliori pompe di calore si può arrivare anche al 60%. Meglio ancora se l’acqua calda è prodotta da un impianto solare. Un investimento che viene ripagato in pochi anni.

lunedì, ottobre 27, 2014

Polveri sottili: nuova procedura d’infrazione UE per l’Italia
Siamo arrivati alla 19 esima procedura dell’UE in materia di ambiente. A luglio infatti è stata aperta una nuova procedura di infrazione, avviata dalla Commissione Europea, per mezzo dell’invio di una lettera di messa in mora, che titola: “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia.”
Entro fine ottobre le autorità italiane dovranno rispondere in modo chiaro ed esauriente in merito ai livelli di PM10, ma se le spiegazioni non bastassero, la Commissione europea procederebbe alla fase successiva, quella giurisdizionale, invitando l’Italia a mettersi in regola con la normativa europea, quanto prima, pena il pagamento di sanzioni.
Sono 19 le zone e gli agglomerati coinvolti, che fanno capo a 10 regioni italiane: Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Sicilia, Molise, Campania e Umbria. Non c’è differenza quindi, tra Nord e Sud, una situazione che rivela un livello di smog in molte, troppe zone del Paese, insostenibile.
Questi sono gli strascichi di una precedente infrazione, conclusasi nel 2012 con una condanna della Corte di giustizia a causa del mancato rispetto nel periodo 2006-2007, in 55 zone d’Italia, dei limiti prestabiliti per legge di PM10. Delle 19 aree incriminate secondo le ultime indagini della Commissione, 13 farebbero parte di quelle 55 e avrebbero continuato fino al 2012 a superare costantemente i livelli imposti per le polveri sottili. A queste 13 se ne sarebbero poi aggiunte altre 6.
Il commissario europeo all’Ambiente uscente, Janez Potocnik, dal 2010, anno in cui è iniziata la sua carica, si è sempre impegnato per il rispetto della legislazione sulle polveri sottili, con il fine di migliorare la qualità dell’aria e il livello di salute legato alle attività industriali, nel territorio europeo. Ora che è stato assegnato alla carica il maltese Karmenu Vella, egli promette di battersi per lo stesso obiettivo. Come ha affermato in audizione pochi giorni fa di fronte agli eurodeputati:

L’Italia però non è l’unico Paese che non ha ancora attuato in modo soddisfacente le norme sulla qualità dell’aria. Sono 17 in tutto gli Stati Membri reticenti. In questo caso non si può dire però che “mal comune mezzo gaudio”, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Siamo ormai nel pieno della presidenza del Consiglio dell’Unione Europea da parte dell’Italia, che durerà fino a dicembre 2014, ma non riusciamo a dare il buon esempio sperato e dovuto, questo dovrebbe farci riflettere. (FONTE; Greenstyke)



domenica, ottobre 26, 2014

ETERNIT

TOSCANA, ACQUEDOTTI ETERNIT IN 46 COMUNI:

FORNISCONO

OLTRE 1 MILIONE DI ABITANTI

 

Chilometri e chilometri di acquedotto in eternit passano sotto i Comuni della Toscana. Per la precisione 225 e fanno parte della rete idrica gestita da Publiacqua Spa, società che serve 4 province (Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo) per un totale di 46 Comuni e un terzo della popolazione della regione (1,3 milioni di abitanti circa). A denunciare il fatto è il laboratorio politico fiorentino Perunaltracittà, che nella sua rivista online, ha pubblicato un report con tanto di mappatura degli impianti, denunciando la cattiva gestione del servizio idrico. “Publiacqua – scrive – fa pagare una delle bollette più care d’Italia, ma ha le reti peggiori della Toscana e perde il 51% dell’acqua che immette in rete”.
Ma non è solo una questione di ottimizzazione e risparmio. Per il laboratorio il problema principale rimane il rischio per la salute. Secondo i dati pubblicati infatti il 36% delle tubature sono adduttrici, cioè rami principali della rete che collegano gli impianti di prelievo alle tubature secondarie di quartiere. Le zone in cui si concentra la percentuale maggiore di tubature in cemento-amianto sono Scandicci (con il 18% delle tubature in eternit), Pistoia(15%) e Sesto Fiorentino (12%). A seguire Montevarchi (10%),Agliana (10%) e Montale (5%). Una ventina i comuni interessati, alcuni con piccole percentuali.
L’azienda si difende precisando che le tubature in eternit hanno dai 40 ai 60 anni, che non ha mai utilizzato il materiale e che ha già provveduto a sostituirle con tubazioni in ghisa “ogni qual volta le preesistenti non risultavano più efficienti”. La sostituzione massiva delle tubature, poi, – fa sapere Publiacqua  – comporterebbe un impegno di circa 200 milioni di euro. Rimane il fatto che per 225 chilometri l’acqua, che esce dai rubinetti dei cittadini, scorre nell’amianto. La società, citando l’Oms, sostiene che non costituisca un pericolo per la salute. “L’Oms – commenta Publiacqua – ha confermato di non ravvisare la necessità di stabilire valori guida di riferimento per le acque destinate al consumo umano, in quanto non esiste consistente evidenza che le eventuali fibre ingerite siano dannose per la salute”.

Diverso il parere di Gian Luca Garetti di Medicina democratica, secondo il quale le condotte in amianto, con l’usura, tendono a rilasciare fibre che contaminano l’acqua, esponendo l’organismo al rischio di contatto. “Le acque che scorrono nelle tubature di cemento amianto possono cedere fibre di amianto in vari modi – commenta l’esperto – sia per l’aggressività delle acque condottate che possono erodere le tubazioni e liberare le fibre, sia per opere di manutenzione della rete, sia per rotture dei tubi. Se nelle tubature degli acquedotti c’è l’amianto a contaminare l’acqua potabile, le fibre possono essere ingerite, oppure anche inalate, in quanto si può determinare evaporazione dell’acqua e quindi aerodispersione delle fibre. Le fibre di questo minerale killer sono uno dei più potenti agenti cancerogeni noti in medicina. La contaminazione può avvenire sia per via inalatoria che per ingestione”. (fonte; il fatto)


sabato, ottobre 25, 2014

DEFORESTAZIONE +290%

LA DEFORESTAZIONE nell'Amazzonia brasiliana ha ripreso a crescere. A settembre, secondo i dati satellitari forniti dall'organizzazione no profit Imazon, sono stati rasi al suolo ben 402 km quadrati di foresta, il 290% in più rispetto allo stesso mese del 2013, per destinare il terreno ad altro uso. Da agosto a settembre i chilometri quadrati persi sono stati 838, pari a un incremento del 191% su base annua.

Altro fenomeno registrato dal rapporto è quello delle foreste degradate, cioè molto sfruttate dal disboscamento o arse. La superficie interessata nel mese scorso è di 624 km quadrati, con una crescita esponenziale rispetto ai 16 km quadrati del settembre 2013. La foresta amazzonica si estende su un'area di oltre 7 milioni di km quadrati, di cui 5,5 milioni di zona boschiva.

Negli ultimi 50 anni, come più volte denunciato dal Wwf e dalle altre associazioni ambientaliste, la foresta ha perso un quinto della sua superficie. L'area forestale dell'Amazzonia si trova per il 60% in Brasile, dove per otto anni consecutivi, fino al 2012, la deforestazione ha mostrato un decremento. Nel 2013, invece, il tassodi disboscamento ha registrato un +29% annuo, un'inversione del trend che dovrebbe essere confermata anche nel 2014. I prossimi dati ufficiali del governo brasiliano sull'argomento saranno rilasciati dopo il ballottaggio delle elezioni presidenziali, che si terrà domenica prossima.



mercoledì, ottobre 22, 2014

NEVE NERA

Un team di scienziati, guidati da Jason Box, professore di glaciologia presso il Geological Survey of Denmark and Greenland, è appena tornato da un viaggio di ricerca in Groenlandia, finanziato tramite crowdfunding e durato tutta l’estate. Lo scopo era quello di analizzare e documentare l’allargamento dei ghiacci in queste terre. I risultati portati a casa sono stati sorprendenti e inattesi.
Box e il suo gruppo hanno localizzato un’intera superficie, ricoperta di “neve nera“, a 67 gradi di latitudine nord, a 1.010 m sul livello del mare. Si tratta di un’area con buche profonde da 0,5 fino a 1 m e costituita da crioconite, polvere grigia che potrebbe derivare da deserti, incendi, ma anche da inquinamento da combustione di centrali a carbone o di motori diesel.
Lo studio dovrebbe uscire sulla stampa scientifica entro fine anno, ma i dati sono già stati rivelati a Slate.com e le immagini raccolte stanno facendo il giro del mondo.
Le ipotesi che giustificherebbero la presenza di una situazione così anomala, sono principalmente due:
una combinazione di tempeste di neve sempre più frequenti d’estate, polvere trasportata dal vento, attività microbica e fuliggine causata dagli incendi boschivi, che avrebbe provocato la formazione di ghiaccio eccezionalmente scuro
oppure, la più preoccupante, sarebbe legata all’inizio di un ciclo a cascata dovuto al surriscaldamento globale.
Il 2014 è stato l’anno in cui è stato misurato il maggior numero di incendi boschivi nell’Artico, dal 2000, anno in cui sono iniziate le misurazioni satellitari globali. E si sarebbero sentite anche le conseguenze dei vasti incendi avvenuti in varie zone del mondo, come per esempio in Canada, dove le nubi di fumo sarebbero arrivate fino alla Groenlandia. (FONTE Greenstyle)





martedì, ottobre 21, 2014

CAPODOGLI

Capodogli spiaggiati a Vasto: come il nostro mare diventa inospitale


Ancora una volta, ancora nell’Adriatico, il nostro mare diventa inospitale per le più antiche creature del Mediterraneo. Che cosa avviene? E’ possibile che le trasformazioni di cui è protagonista il mare (gran parte indotte da noi) lo rendano inospitale per i nostri simili più vicini? La frattura che stiamo provocando tra noi e la natura diviene davvero così insanabile? Il problema è che più mettiamo l’uomo al centro più ci allontaniamo da madre natura, più pensiamo di essere protagonisti dei cicli naturali più non riusciamo a comprenderli…
Uccidiamo d’anestetico un’orsa che difende i propri cuccioli, devastiamo l’Adriatico con le prospezioni petrolifere con potentissimi sonar e poi cosa attendiamo? Pensiamo davvero non vi debbano essere delle conseguenze? Non per noi, è vero, ma per i nostri figli sì… E allora cosa importa, lasciamogli le briciole insegniamogli che la vita vera è quella a cui li abbiamo abituati, che un tonno è solo una scatoletta, e che un capodoglio o una balena è un disegno su un libro di fiabe. Togliamogli la gioia di vederlo affiorare dalle acque blu, togliamogli l’empatia di cui ciascun essere umano ha bisogno, togliamogli la felicità vera, insieme alla speranza. 
I risultati delle analisi hanno superato le più nefaste previsioni dei biologi. Sono stati rilevati livelli altissimi di metalli pesanti tossici. Oltre al mercurio, il più pericoloso di questi veleni, anche cadmio, titanio, piombo, argento e cromo, un metallo che non si corrode e usato per produrre acciai ad alta resistenza nonché nelle vernici, nei coloranti e nella concia delle pelli (…). Gli inquinanti passano alle generazioni future attraverso il latte che le madri danno ai loro piccoli. Con l’allattamento i grandi mammiferi forniscono ai cuccioli tutte le sostanze solubili nel grasso accumulate da sempre. Alcuni biologi sono convinti che non saranno solo le baleniere giapponesi o norvegesi a provocare l’estinzione dei cetacei, ma l’eredità dei veleni da allattamento. E, invece, nel nostro latte materno quanti veleni possono concentrarsi? Perché, se è vero che non siamo inuit, non viviamo in Giappone, Norvegia o alle isole Fær Oer dove ci si ciba anche di balene e delfini, mangiamo pur sempre specie che hanno la stessa capacità di bioaccumulare inquinanti (tra cui il mercurio) come tonni, pesci spada e squali. Tuttavia l’uomo, a differenza di questi ultimi, li espelle molto difficilmente. Rischiamo di fare la stessa fine dei capodogli di Vasto?

Rispondere non è semplice. Vi sono differenti livelli di rischio che possono riguardare chiunque consumi pesce e, specialmente, alcune categorie come le donne gravide e i bambini. Ma il pericolo è variabile, dipende dalla concentrazione di veleno in ciò che mangiamo. L’esperienza insegna, però, che quando gli scarichi di mercurio si concentrano in una determinata zona di mare gli effetti possono essere devastanti. I primi casi si registrarono già negli anni Cinquanta, ma non riguardavano il Mediterraneo: sulle coste del mar del Giappone i gatti iniziarono a ballare su due zampe. (il fatto)





lunedì, ottobre 20, 2014


POLVERI SOTTILI

Siamo arrivati alla 19 esima procedura dell’UE in materia di ambiente. A luglio infatti è stata aperta una nuova procedura di infrazione, avviata dalla Commissione Europea, per mezzo dell’invio di una lettera di messa in mora, che titola: “Cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente – Superamento dei valori limite di PM10 in Italia.”
Entro fine ottobre le autorità italiane dovranno rispondere in modo chiaro ed esauriente in merito ai livelli di PM10, ma se le spiegazioni non bastassero, la Commissione europea procederebbe alla fase successiva, quella giurisdizionale, invitando l’Italia a mettersi in regola con la normativa europea, quanto prima, pena il pagamento di sanzioni.
Sono 19 le zone e gli agglomerati coinvolti, che fanno capo a 10 regioni italiane: Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Sicilia, Molise, Campania e Umbria. Non c’è differenza quindi, tra Nord e Sud, una situazione che rivela un livello di smog in molte, troppe zone del Paese, insostenibile.
Questi sono gli strascichi di una precedente infrazione, conclusasi nel 2012 con una condanna della Corte di giustizia a causa del mancato rispetto nel periodo 2006-2007, in 55 zone d’Italia, dei limiti prestabiliti per legge di PM10. Delle 19 aree incriminate secondo le ultime indagini della Commissione, 13 farebbero parte di quelle 55 e avrebbero continuato fino al 2012 a superare costantemente i livelli imposti per le polveri sottili. A queste 13 se ne sarebbero poi aggiunte altre 6.
Il commissario europeo all’Ambiente uscente, Janez Potocnik, dal 2010, anno in cui è iniziata la sua carica, si è sempre impegnato per il rispetto della legislazione sulle polveri sottili, con il fine di migliorare la qualità dell’aria e il livello di salute legato alle attività industriali, nel territorio europeo. Ora che è stato assegnato alla carica il maltese Karmenu Vella, egli promette di battersi per lo stesso obiettivo. Come ha affermato in audizione pochi giorni fa di fronte agli eurodeputati: La qualità dell’aria è un problema ancora molto grave e con effetti negativi sulla salute, sull’ambiente e sull’economia. Conto di agire velocemente su questo. L’Italia però non è l’unico Paese che non ha ancora attuato in modo soddisfacente le norme sulla qualità dell’aria. Sono 17 in tutto gli Stati Membri reticenti. In questo caso non si può dire però che “mal comune mezzo gaudio”, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Siamo ormai nel pieno della presidenza del Consiglio dell’Unione Europea da parte dell’Italia, che durerà fino a dicembre 2014, ma non riusciamo a dare il buon esempio sperato e dovuto, questo dovrebbe farci riflettere.




domenica, ottobre 19, 2014

DISCARICHE ABUSIVE

L'avvocato generale della Corte di Giustizia ha chiesto un’ammenda giornaliera fino a che i siti interessati non saranno chiusi o bonificati, e una sanzione forfettaria di 60 milioni di euro. L'Europa aveva rilevato 422 aree a rischio, ma alla fine ha contestato solo quelle di Matera-Altamura Sgarrone (tra Puglia e Basilicata) e di Reggio Calabria-Malderiti. La sentenza, fanno sapere da Lussemburgo, sarà emessa "prossimamente"
Discariche abusive in uso o siti chiusi ma dimenticati a mai bonificati. Sono sette anni che l’Unione Europea chiede all’Italia di intervenire, e dopo aver tagliato i fondi europei e lanciato avvertimenti caduti nel vuoto, ora Bruxelles potrebbe chiedere a Roma di pagare una sanzione da 158.200 euro al giorno più una multa forfettaria di 60 milioni di euro. In altre parole, l’Italia non ha rispettato della direttiva comunitaria in materia di smaltimento di rifiuti. La richiesta è stata avanzata dall’avvocato generale della Corte di Giustizia Juliane Kokott, che ha chiesto di condannare il nostro paese e versare la somma alla Commissione. 
Il parere dell’avvocato arriva dopo la nuova accusa della Commissione europea per non aver onorato la sentenza emessa dalla stessa Corte nel 2007, con cui il nostro Paese era stato già riconosciuto colpevole per centinaia di discariche illegali e omessi controlli nella gestione dei rifiuti. La sentenza definitiva, fanno sapere da Lussemburgo, verrà emessa “prossimamente”. 
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La sanzione giornaliera proposta, che ammonta a 158.200 euro al giorno, costituisce comunque una sorta di “sconto” nei confronti dell’Italia, visto che la multa richiesta inizialmente dall’esecutivo Ue era stata di256.819 euro al giorno, da versare fino a che la sentenza del 2007 non sarebbe stata rispettata. Inoltre la Commissione in prima battuta aveva fatto riferimento all’uso di almeno422 discariche illegali, ma alla fine ne ha contestate solo due: Matera/Altamura Sgarrone, al confine tra Puglia e Basilicata, e un’ex discarica comunale, Reggio Calabria/Malderiti, in Calabria. In questo procedimento, quindi, non rientrano le discariche della Campania e di Malagrotta, oggetto di cause separate iniziate lo scorso anno. Bruxelles sostiene infine che il Belpaese dovrebbe introdurre norme e controlli aggiuntivi.

Non che l’Italia non fosse stata avvertita di un possibile inasprimento. Quella dell’ambiente è, infatti, la voce sotto cui riceviamo più procedure di infrazione: ben 22 in corso, di cui sei riguardano il tema dei rifiuti. Il 27 giugno 2007 è dichiarata l’”Emergenza rifiuti in Campania”, per esempio, perché  l’Italia non ha adottato “tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente”. Congelati in questo modo 500 milioni di fondi comunitari. Primo ricorso di Bruxelles del 20 giugno 2013, proprio per il prolungato inadempimento in materia di gestione dei rifiuti nella regione Campania: chiesta una multa di 25 milioni per le passate violazioni e una sanzione di 250mila euro al giorno finché l’Italia non si adeguerà alle richieste Ue. Ma quelle campane non sono le uniche discariche sotto accusa:nel mirino anche l’Ilva di Taranto per ”mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”. (fonte: il fatto)





sabato, ottobre 18, 2014

CON LO SBLOCCA ITALIA SI SBLOCCA IL PEGGIO

L’Italia democratica, quella vera, quella che crede nella tutela dei beni comuni, quella dei ‘comitatini’ si sta mobilitando in tutta la penisola contro lo ‘Sblocca Italia’, al grido di “blocca lo Sblocca Italia“, e contro una classe politica che si differenzia da tutte quelle che l’hanno preceduta solo perché twitta.
Da Piazza del Gesù a Via delle Botteghe Oscure quella classe politica è sempre stata prona ai voleri di chi spalmava cemento ed asfalto, sia che fosse impresa sia che fosse cooperativa. Oggi questa classe che pretende di rappresentare una nazione rappresenta esattamente la continuità di quella precedente. Anzi, forse peggio. Alla faccia della rottamazione. Forse si sarà rottamata una vecchia dirigenza, ma c’è perfetta continuità su una linea politica che come prima e più di prima favorisce il consumo del territorio e i disastri futuri.
Con lo Sblocca Italia, si vuole innanzitutto completare quell’opera iniziata nei decenni precedenti di sganciamento dell’attività economica edilizia privata dal controllo pubblico, e di eliminazione della programmazione da parte dei comuni. Esemplare è stata Torino in questi due decenni. Dal 1995 ad oggi Torino ha approvato qualcosa come 300, diconsi trecento varianti, molte di più di una al mese. Quello che ha guidato la mano pubblica di Torino in questi anni è stata, di fatto, la proprietà privata che ha chiesto ed ottenuto le varianti. La mano pubblica ha pressoché abdicato alla propria funzione regolatrice. Al riguardo è consigliabile la lettura di ‘Chi comanda Torino di Maurizio Pagliassotti. Addirittura con questo decreto-monstre si consente non solo di edificare in libertà, ma persino di effettuare stralci di urbanizzazioni, e di pagare le stesse a rate. Con i bilanci già comatosi degli enti pubblici.
Ma lo Sblocca Italia non sblocca solo l’edilizia, ci mancherebbe. Anche le grandi opere inutili, le trivellazioni di petrolio, gli inceneritori vi trovano accoglienza. Tanto che più che un decreto sembra una provocazione. C’è da stropicciarsi gli occhi. Ma mi fermo qui. Perché meglio di me certamente parlano Settis, Montanari, Salzano, Bray e tanti altri nell’instant book Rottama Italia scaricabile on-line dal sito di Altreconomia.
Leggetelo tutti, è istruttivo per capire come vogliono rovinare quel che resta di quello che era il Bel Paese.
(Info: il fatto)






venerdì, ottobre 17, 2014

IL CLIMA STA PER CAMBIARE E L’UOMO NE E’ LA CAUSA

L’effetto serra continua a preoccupare, specie dopo la diffusione dei dati sulle emissioni di CO2 relativi all’anno 2013. A giudicare dalle tabelle degli ultimi trent’anni (dal 1984) l’incremento annuo non era mai stato brusco come nell’arco del 2013, quando la concentrazione di CO2 ha raggiunto quota 396 ppm. Rispetto al 1750 l’aumento è del 142%, così come sono salite le concentrazioni di ossido di azoto (+121%) e metano (253% in più).
I dati, che sono stati comunicati dall’Onu grazie alla collaborazione dell’Omm (Organizzazione meteorologica mondiale), hanno preso in considerazione soprattutto l’effetto serra, per il quale il nostro pianeta trattiene il 34% in più di radiazione solare rispetto al 1990. Le cause principali? Deforestazione e acidificazione delle acque (aspetto in contrasto con l’assorbimento di CO2 da parte degli oceani), che ogni giorni arrecano danni irreparabili alla biosfera.
La descrizione dei risultati dello studio riguardante l’effetto serra è spettata a Michel Jarraud, segretario generale Omm, che ha così chiarito i dubbi di ognuno di noi sul cambiamento climatico: “Il clima sta per cambiare e l’uomo ne è la causa: lo sappiamo con certezza già da tempo e i risultati degli ultimi studi non fanno altro che confermare l’ipotesi. Non dobbiamo stupirci davanti a fenomeni meteorologici estremi, perché la causa è nelle nostre attività quotidiane“, conclude Jarraud.
Dovremo abituarci, dunque, al clima vissuto durante l’estate in tutta Italia, con piogge continue e danni causati dal maltempo in tutta la penisola. Questo, a causa dell’effetto serra che sta coinvolgendo tutto il pianeta, sul quale bisognerà intervenire per evitare di assistere in futuro a danni inimmaginabili.










sabato, ottobre 04, 2014

EXTRATERRESTRI

CASSETTE DI POLISTIROLO ABBANDONATE  LUNGO LA BATTIGIA DAGLI EXTRATERRESTRI

 Venire da altre galassie e disfarsi in mare aperto delle cassette di polistirolo che, in genere servono a confezionare il pesce, è solo un segno di grande inciviltà ed è una cosa gravissima visto che vengono abbandonati da esseri che non fanno parte della nostra amata Terra.
Esseri spregevoli che non si fanno mai vedere e agiscono in mare aperto, lontano da occhi indiscreti.
Naturalmente tutti sappiamo chi siano i veri colpevoli.

Una marea di cassette di polistirolo a voi le immagini: